155. Il riposo dell’ultimo Doge

Sul pavimento della cappella Manin, la lastra con la scritta MANIN CINERES [foto ZUK]

La prossima volta che passate per la stazione di Venezia, non tirate dritto. Lo so: l’entusiasmo dell’arrivo e l’adrenalina della partenza spingono a ignorarla, ma la Chiesa di Santa Maria di Nazareth, detta degli Scalzi, merita uno sguardo. È una delle chiese più interessanti di Venezia, un trionfo barocco che, tra le altre cose, nasconde una storia irripetibile.
Qui, infatti, riposano le ceneri di Lodovico Manin, l’ultimo doge della Serenissima. Dei 120 dogi che si sono succeduti in 1100 anni, molti hanno scelto di riposare nelle chiese più importanti di Venezia, spesso con sepolture imponenti. Ma non Manin: lui ha voluto semplicemente essere sepolto nella tomba di famiglia, sotto una lastra di pietra con solo due parole incise: MANIN CINERES, ovvero “le ceneri dei Manin”.
Quando morì nel 1802, all’età di 76 anni, la Repubblica di Venezia era già caduta da cinque anni per mano di Napoleone. In quel clima ostile al vecchio regime, gli fu comunque permesso di continuare a vivere nella sua Venezia, dov’era nato e dove sperava di poter morire. E così fu, senza sfarzi.
Accanto alla sua tomba c’è un pannello illustrativo che merita attenzione. Racconta del suo testamento, da cui emerge un amore sconfinato per Venezia: una città che servì per 25 anni tra magistrature e dogato, e alla quale lasciò gran parte del suo immenso patrimonio, destinato ai bisognosi, maschi e femmine.
Si coglie anche la sua fede profonda, il tentativo di accettare cristianamente ciò che era accaduto, pur restando turbato e tormentato. E si scopre che, a dispetto dei pregiudizi storici, Manin non fu un vile, ma un uomo buono e coscienzioso, che con la sua “capitolazione” cercò di evitare alla sua amata città un destino ben peggiore.
Alla fine, la sua storia è una lezione: non è il monumento che fa l’uomo, ma le sue azioni.
Gloria dunque al Doge Lodovico Manin!

a sx – Ludovico Manin dipinto da Bernardino Castelli
a dx – Monete coniate nel 1789, in occasione dell’insediamento di Lodovico Manin. In alto, 10 zecchini d’oro; in basso, 1 ducatone d’argento. Fin dal 1202, era tradizione raffigurare il doge inginocchiato mentre riceve lo stendardo da San Marco o dal Leone Marciano: un gesto simbolico di devozione e sottomissione al patrono della Repubblica.
Canaletto dipinse la veduta “Il Canal Grande dalla chiesa di Santa Maria di Nazareth” nel 1738, quando Lodovico aveva 12 anni. La chiesa è in primo piano a dx, il ponte degli Scalzi è invece assente, sarà edificato solo nel 1858.

Sestiere di Cannaregio
Nella cappella a sx entrando nella Chiesa di Santa Maria degli Scalzi
Geolocalizzazione: 45.441376, 12.321974

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