
La Serenissima vanta la più alta densità di ponti al mondo: 435 per circa 48.500 abitanti, un primato che vale a dire un ponte ogni 111 persone.
Eppure, in una città che non può espandersi, la costruzione di nuovi ponti è evento raro.
Tra i pochi nati in epoca moderna, il più noto è il Ponte della Costituzione, opera ardita dell’architetto Santiago Calatrava, inaugurato nel 2008 per collegare ex novo la stazione ferroviaria a Piazzale Roma, snodo cruciale di accesso alla città. Spesso è erroneamente considerato l’ultimo ponte costruito a Venezia.
Esiste infatti un’opera più recente, meno battuta dai flussi turistici: il Ponte Valeria Solesin, inaugurato il 5 maggio 2017. Sorge in un luogo dove da oltre vent’anni non esisteva più alcun attraversamento, restituendo continuità a un passaggio dimenticato.
Per comprenderne la storia bisogna tornare a metà Ottocento, quando, per ragioni igienico-sanitarie, si decise di concentrare la macellazione del bestiame in un unico luogo. L’area prescelta fu quella dietro San Giobbe, da sempre destinata alle attività più impattanti di Venezia.
Il grande macello comunale, completato nel 1848 e ampliato nel 1893, era rifornito dal bestiame che giungeva in treno alla stazione di Santa Lucia e proseguiva lungo la fondamenta che costeggia il rio della Crea. Per attraversare quel rio fu eretto il Ponte delle Vacche, o Ponte de’ Vedei (vitelli), nomi semplici e diretti.
Per oltre un secolo, le acque circostanti si tinsero di rosso, finché nel 1970 l’attività venne trasferita in terraferma. Il ponte, ormai in disuso e fatiscente, fu abbattuto a metà degli anni Novanta.
Nel 2014, l’area dell’ex macello ha iniziato una nuova vita, trasformandosi in Campus Universitario. Per agevolare l’accesso degli studenti dalla vicina stazione ferroviaria, si decise di ricostruire il ponte. Il progetto prevedeva un attraversamento moderno, capace di sollevarsi all’occorrenza per permettere il transito di mezzi e apparecchiature dirette alla cabina primaria Enel di San Giobbe.
Quel nuovo ponte doveva avere un nome che segnasse la rottura col passato e creasse un legame con i giovani che lo avrebbero attraversato. La scelta fu toccante: intitolarlo a Valeria Solesin, la giovane ricercatrice veneziana tragicamente strappata alla vita nell’attentato islamista al Bataclan di Parigi, il 13 novembre 2015.
Ogni studente, attraversandolo, incontra il suo nome, il suo sorriso, la sua storia: un segnale forte che la città ha voluto consegnare alle generazioni future.
Così Venezia, città che raramente costruisce nuovi ponti, ha affidato a Valeria un compito speciale: non solo un passaggio sull’acqua, ma una memoria che diventa monito, un dolore che si trasforma in speranza.
Un ponte che, come tutti gli altri, unisce rive e persone, ma che più di ogni altro invita a riflettere: su ciò che è stato e su ciò che si deve fare perché non abbia più ad accadere.



Sestiere dei Cannaregio
Tra Calle Carmelitani e Calle de le Beccarie
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