
Nel luogo dove oggi è incastonata questa colonna, un tempo sorgeva la Chiesa di Santa Croce, la cui fondazione risale addirittura al 568. Accanto ad essa, nel 1109, venne costruito il relativo monastero. Dopo vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli, si giunse al 1810, quando Napoleone, con uno dei suoi decreti sulla soppressione dei monasteri, ne decretò la chiusura. La chiesa fu spogliata, trasformata in magazzino e infine demolita nel 1813.
Con la sua distruzione, Venezia perse un altro frammento della propria storia. Non era una chiesa qualunque: aveva dato il nome all’intero sestiere di Santa Croce, segno della sua antica importanza per la Serenissima.
Ma la colonna che vediamo oggi è davvero un frammento superstite della Chiesa di Santa Croce, come vuole la tradizione popolare? Oppure si tratta di un assemblaggio più recente, un collage tra elementi di epoche diverse? Il fusto e il capitello, infatti, non sembrano appartenere allo stesso periodo.
Il capitello, la parte più antica e interessante, potrebbe provenire da una delle tombe dei due dogi sepolti nella chiesa. Su di esso è scolpito un simbolo enigmatico: alcuni sostengono che rappresenti lettere stilizzate che formano la parola TIKHIL, nome di una città del Caucaso da cui, secondo certe leggende, discenderebbero i Veneti.
Curiosamente, questo simbolo ricorda quelli incisi sui celebri Pilastri Acritani, posti accanto alla Cattedrale di San Marco. Questi ultimi, di origine siriaca e risalenti al VI secolo, sarebbero stati trafugati da San Giovanni d’Acri nel 1256 e portati a Venezia.
Un vero pot-pourri di storie, simboli e ipotesi che potrebbe far perdere il senno… o almeno il sonno. E allora, perché non scegliere la via più semplice? Quella che vede in questa colonna l’unico frammento superstite della Chiesa di Santa Croce, rimasto lì perché noi potessimo ancora raccontarla.



Sestiere di Santa Croce
in Fondamenta del Monastero, all’altezza del Ponte di Santa Croce
Geolocalizzazione: 45.439062, 12.320911