164. La partigiana veneziana

La statua che Venezia dedica alla Partigiana è molto più di un’opera d’arte: è un simbolo potente di memoria, resistenza e dignità. Dedicata alle donne che combatterono contro il nazifascismo, si trova lungo la Riva dei Partigiani, accanto ai Giardini della Biennale, nel sestiere di Castello.
La sua storia è segnata da ferite e polemiche. Una prima versione, voluta dall’Istituto per la Storia della Resistenza delle Tre Venezie, fu realizzata nel 1957 in ceramica policroma da Leoncillo Leonardi, artista umbro e convinto antifascista. L’opera raffigurava una giovane donna col fucile in spalla e col fazzoletto rosso al collo, chiaro richiamo alla fazione garibaldina. Per questo motivo fu rifiutata dalla commissione, che la giudicò troppo “di parte”. Leoncillo ne realizzò subito una seconda, identica, ma con il fazzoletto marrone: questa venne collocata su un piedistallo progettato da Carlo Scarpa all’interno dei Giardini della Biennale.
Il 27 luglio 1961 una bomba di un attentato neofascista fece saltare in aria la statua. La città reagì con forza: una manifestazione popolare rivendicò il diritto alla memoria. Si decise di lasciare al suo posto il piedistallo mutilato, che rimane come una ferita aperta, e di collocare la nuova Partigiana sulla riva vicina, non lontano dal luogo dove, il 3 agosto 1944, sette giovani rastrellati nel sestiere di Castello furono fucilati dai nazisti per rappresaglia. Solo in seguito si scoprì che il soldato tedesco, trovato annegato, era caduto da solo in acqua, ubriaco.
La prima versione di Leoncillo è oggi conservata a Ca’ Pesaro, mentre nel 2006, durante la ripulitura di un deposito dei Giardini della Biennale, sono riemersi i frammenti della statua esplosa nel 1961. Da allora sono rimasti custoditi e attendono ancora di trovare una collocazione che restituisca voce a quella memoria ferita.
Nel 1969 lo scultore bellunese Augusto Murer, partigiano combattente, realizzò la nuova figura bronzea: una donna caduta, distesa sul fianco, le mani legate, il volto rivolto verso l’acqua. Il basamento, ancora di Scarpa, fu concepito come un cassone galleggiante in ferro-cemento rivestito di rame, per far apparire la statua sospesa sull’acqua in un fragile equilibrio poetico. Ma il sistema non ha mai funzionato del tutto: anche dopo il restauro del 2009, la scultura talvolta si ritrova sommersa, accentuando la sua tragedia.
Oggi la Partigiana giace in silenzio, ma parla a chi sa ascoltare. Ricorda che la libertà non è mai scontata, che la memoria va custodita, e che il coraggio delle donne, spesso dimenticato, ha contribuito a costruire la storia. Ricorda che la sua posa non è una sconfitta, ma un monito: anche quando si cade, si può lasciare un segno indelebile. E quel segno, se raccolto, può diventare coscienza.

la partigiana di Murer
partigiani e partigiane sfilano in Piazzetta San Marco dopo la liberazione di Venezia avvenuta il 28 aprile 1945
a sx: il basamento di Scarpa lasciato mutilato nei Giardini della Biennale
a dx: la prima versione di Leonardi rifiutata a causa del fazzoletto rosso, ora esposta a Ca’ Pesaro
Leoncillo Leonardi (1915-1968) – Carlo Scarpa (1906-1978) – Augusto Murer (1922-1985)

Sestiere di Castello
in Riva dei Partigiani poco prima della fermata del vaporetto “Giardini della Biennale”
Geolocalizzazione: 45.429490, 12.355639

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