
Sono poche, ormai, le chiese veneziane che conservano una serie ordinata di patere, quei bassorilievi circolari incastonati nella pietra, tipici della laguna veneta, erano in voga tra il X e il XV secolo come talismani contro il male. Venezia ne conta oltre duemila, ma solo in pochi luoghi si trovano ancora nel loro contesto originario.
Alla Chiesa di Santa Maria dei Carmini, nel sestiere di Dorsoduro, un gruppo di sei patere, una frontale e cinque laterali, decora il protiro trecentesco del portale laterale. Sono lì da sempre, come sentinelle silenziose, e raccontano storie scolpite nella pietra.
La patera centrale (Ø 50 cm), incorniciata da un cerchio decorativo (Ø 90 cm), raffigura due pavoni in pace, intenti a bere, si dice, dalla fonte della vita. Il pavone, simbolo di immortalità e bellezza, qui diventa immagine di armonia e redenzione.
Le cinque patere laterali (Ø 35–45 cm) narrano invece la lotta eterna tra il bene e il male: aquile e grifoni che ghermiscono lepri, un trampoliere con un pesce nel becco. Ogni animale ha un significato: l’aquila, capace di fissare il sole, simboleggia l’elevazione spirituale; la lepre, gli istinti terreni; il pellicano, che si credeva si ferisse per nutrire i suoi piccoli, rappresenta il sacrificio di Cristo; il pesce, il Cristo stesso.
Un tempo, il protiro si apriva su uno spazio libero, non soffocato dagli edifici vicini. Aveva respiro, aveva voce. E il suo messaggio simbolico parlava chiaro a chi sapeva ascoltare.

Sestiere di Dorsoduro
sul protiro del portale laterale della Chiesa di Santa Maria dei Carmini in Campo dei Carmini
Geolocalizzazione: 45.433587, 12.322323