
Chissà quanti turisti (e quanti veneziani) hanno attraversato Campo Sant’Anzolo, uno dei più ampi del sestiere di San Marco, senza mai accorgersi che, sul palazzetto adiacente all’Oratorio dell’Annunziata (o Oratorio di Sant’Angelo degli Zoppi), si nasconde una piera sbusa.
La si scorge all’ultimo piano, sulla facciata laterale sinistra: quella addossata all’oratorio, un tempo rivolta verso la Chiesa di San Michele Arcangelo, oggi scomparsa perché soppressa nel 1810 dai decreti napoleonici e demolita definitivamente nel 1837.
Se consideriamo che l’oratorio, inizialmente dedicato a San Gabriele Arcangelo, risulta costruito nel 920 dalla famiglia Morosini, e che invece le piere sbuse vengono generalmente datate tra XII e XIII secolo, ne deriverebbe che, al momento della comparsa della piera sbusa su quella facciata, l’oratorio era già lì sotto da tempo.
Se ciò fosse vero, alcune ipotesi sulla funzione, ancora oggi irrisolta, delle piere sbuse potrebbero acquistare maggiore credibilità, mentre altre verrebbero automaticamente escluse.
Resta però un nodo fondamentale: questa piera sbusa è davvero originale, cioè appartenente al periodo in cui tali elementi venivano effettivamente inseriti negli edifici? Oppure si tratta di un riutilizzo, come accadeva spesso a Venezia, dove piere sbuse venivano recuperate, spostate, ricollocate o addirittura imitate a posteriori, senza alcun legame con la loro funzione primitiva?
La città, del resto, è un mosaico di pietre che migrano da un edificio all’altro, portando con sé memorie più antiche delle mura che oggi le ospitano.
Un indizio significativo arriva dalla celebre mappa a volo d’uccello di Jacopo de’ Barbari del 1500, la prima rappresentazione di Venezia con una simile prospettiva. Se la veduta è fedele, il palazzetto appare allora come una casa più bassa dell’oratorio. Questo sposterebbe l’innalzamento dell’edificio a un’epoca successiva, quando il periodo “classico” delle piere sbuse (XII–XIII secolo) era già concluso da tempo. In altre parole, il fatto che la piera sbusa risulti più antica dell’edificio indicherebbe un riuso.
Un secondo indizio proviene dalle colonnette presenti sulla facciata dell’ultimo piano, che suggeriscono l’esistenza originaria di una loggia poi murata. Ebbene, la piera sbusa emerge proprio nel vuoto (oggi tamponato) tra una colonnetta e l’altra. Una posizione difficilmente conciliabile con una collocazione originaria, e che fa pensare a un inserimento successivo, forse quando la loggia era già stata chiusa.
Nessun aiuto arriva invece dai due dipinti settecenteschi che raffigurano il palazzetto: uno del Canaletto e uno di Gabriel Bella. In entrambi, la balconata risulta già murata, ma il dettaglio della piera sbusa (che da quella prospettiva dovrebbe intravedersi almeno un poco) non è reso con sufficiente definizione da permettere di stabilire se fosse già presente.
Così, tra stratificazioni edilizie, facciate modificate, riusi architettonici e funzioni perdute, la piccola piera sbusa di Campo Sant’Anzolo rimane lì, come un sassolino incastrato nella grande macchina della storia veneziana: troppo piccolo per attirare l’attenzione dei più, troppo enigmatico per non affascinare chi ama leggere la città attraverso i suoi dettagli minori.
PS. Questa piera sbusa orientata a 179° punta a Sud.





Articoli collegati:
21. Quattro piere sbuse
71. La piera sbusa sola
99. La piera sbusa sola (2)
113. Una piera sbusa e mezza
134. Una piera sbusa sopra l’altra
158. Una piera sbusa vicina vicina
Sestiere di San Marco 3816
in Campo Sant”Anzolo sul palazzo adiacente all’Oratorio dell’Annunziata
Geolocalizzazione: 45.434331, 12.331856