
Tra i molti enigmi che Venezia custodisce nei suoi muri, uno dei più affascinanti è quello delle piere sbuse, le pietre forate che, in origine, sporgevano dalle facciate di alcuni palazzi del Duecento e Trecento.
Nessuno sa con certezza a cosa servissero. Non esistono dipinti dell’epoca che ne illustrino l’uso, né documenti che ne chiariscano la funzione. Eppure sono lì, solide e ostinate, a sfidare il tempo e la curiosità.
Le ipotesi si rincorrono: forse servivano per infilare pali su cui stendere panni, materassi, tappeti e coperte, o per far asciugare le stoffe tinte; forse reggevano bertesche, stendardi, tendaggi contro il sole, o addirittura fungevano da supporto per tirare a secco piccole imbarcazioni, per far passare i pluviali o attaccarci delle carrucole.
Realizzate in pietra d’Istria, sporgono dal muro per circa trenta centimetri, con un foro centrale di una decina di centimetri di diametro.
In questo palazzo se ne contano quattro, allineate poco sotto le finestre del secondo piano, a occupare l’intera lunghezza della facciata. Pazienti ed enigmatiche, forse imbronciate, forse rassegnate, sembrano aspettare da troppo tempo qualcuno che le torni a utilizzare, per sentirsi ancora una volta utili come un tempo.
PS. Queste quattro piere sbuse orientate a 198° puntano a Sud-Sud-Ovest.

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Sestiere di Castello 5662
al secondo piano del palazzo addossato alla Chiesa di San Lio in Salizada di San Lio
Geolocalizzazione: 45.437405, 12.338784